Discorso tenuto in occasione dell'inaugurazione dell'anno 2012-13 del CNU
SALUTE
(OMS):"La salute non è tanto
assenza di malattia, quanto piuttosto, uno stato di benessere globale
che investe la sfera fisica, mentale, sentimentale e sociale".
La salute è considerata un diritto che si pone alla base di tutti
gli altri diritti fondamentali che spettano alle persone. Questo
principio assegna agli Stati compiti che vanno ben oltre la gestione
del Sistema Sanitario. Gli Stati devono farsi carico di individuare e
cercare di modificare quei fattori che influiscono negativamente
sulla salute collettiva e di promuovere i fattori favorevoli.
La salute quindi è una
condizione esistenziale causata da una molteplicità di fattori a cui
aggiungerei ,importantissimo,il fattore spirituale con cui intendo
tutto ciò che sia di nutrimento interiore. Da questa definizione di
salute data dall’OMS derivano due concetti fondamentali su cui
portare l’attenzione: la salute come diritto del cittadino e come
dovere dello Stato e la salute come responsabilità. E’ proprio
questo il tema a cui tornerò continuamente perché lo considero
fondamentale.
Vediamo ora brevemente
quali sono i principali fattori che concorrono a mantenere, o
alterare, il nostro stato di salute.
- Fattori genetici: il DNA che ereditiamo.
- Alimentazione: siamo quello che mangiamo, migliore è la qualità degli alimenti che introduciamo migliore sarà l’organismo.
- Aria, acqua: il corpo è composto per la maggior parte da acqua ed è attraverso l’acqua contaminata che un tempo ci si contagiava. Pasteur (padre della microbiologia, 1822), affermava che "noi beviamo il 90% delle malattie". Oggi con gli acquedotti e la potabilizzazione delle acque questo non è più vero. In compenso attraverso l’acqua introduciamo nell’organismo gli inquinanti ambientali che contaminano la nostra terra.
- Sole, movimento: pensate all’importanza del movimento per la formazione di tessuto osseo e per lo smaltimento delle tossine.
- Riposo
- Igiene: malattie da mancanza di igiene e da igiene eccessiva.
- Relazioni: famiglia, amici, colleghi di lavoro, vicini di casa.
- Ambiente in cui si vive: sia dal punto di vista ambienti insalubri, sia ambienti degradati esteticamente.
- Fattori psicologici: "mens sana in corpore sano"; malattie psicosomatiche
- Spiritualità
Alcune malattie nascono
anche da un alterato rapporto dell'individuo con l’ambiente che
lo circonda e dalla difficoltà che l’uomo ha ad adattarsi a delle
condizioni innaturali e stressanti. Dovremmo tenere a mente il "mens
sana in corpore sano" degli antichi ed essere consapevoli delle
ripercussioni che le emozioni, i sentimenti e i comportamenti hanno
sull’organismo. Negli ultimi decenni la Medicina Psicosomatica è
diventata un capitolo importantissimo della medicina.
Ma come è cambiato il
nostro rapporto con l’ambiente negli ultimi secoli?
Dalla rivoluzione
industriale l'uomo ha prodotto una
profonda trasformazione della società, dell’ambiente e dello stile
di vita che ha portato ad avanzamenti
in termini di benessere materiale,
sicurezza e in parte di salute, vedi la scoperta delle vaccinazioni
(Jenner 1796 - Sabin 1947 che non volle MAI
trarre benefici economici dalla scoperta del vaccino antipolio perché
brevettare il vaccino avrebbe comportato un ritardo nella
distribuzione), la scoperta degli antibiotici
( Fleming 1928), i progressi della chirurgia
e della diagnostica per immagini,
ma ha portato a peggioramenti
nell’ambiente con un
deterioramento mai visto prima, con una perdita di biodiversità, con
perdita della capacità di provare empatia con la natura; questa
trasformazione ha portato all’insorgenza delle cosiddette
“patologie del benessere”:
tumori, allergie, patologie psichiatriche, malattie metaboliche,
diabete, obesità, anoressia). Alcune di queste malattie nascono
proprio da una grave alterazione del rapporto
dell’uomo con l’ambiente che lo circonda.
Non in tutti gli individui lo sforzo che l’organismo e la psiche
umana devono compiere per adattarsi ad un ambiente stressante ed
innaturale restano senza conseguenze. La cultura industriale e
l’applicazione dei suoi modelli finanziari e tecnologici ad aree
sempre più vaste del pianeta ci sta portando alla distruzione
dell'habitat, al crollo della biodiversità e alla distruzione di
tutte quelle culture che si fondano su un rapporto di rispetto con la
terra. Questo modello di sviluppo considera la Terra come materiale
grezzo da usare per soddisfare il consumo e appagare non solo i
bisogni vitali, ma anche quelli indotti la cui soddisfazione richiede
sempre maggior consumo.
Dividerei grossolanamente
gli uomini in tre
categorie:
A) Quelli
responsabili delle scelte che portano al degrado ambientale e che
operano per fini economici e presumendo, nel caso si pongano domande,
che la scienza trovi prima o poi rimedi a tutto ritenendosi
un'eccezione alle leggi della natura e
della vita.
B)
Quelli che non hanno i mezzi intellettuali
e sociali per chiedersi e capire cosa sta succedendo, e questa è la
categoria che va protetta, facendola crescere intellettualmente ed
economicamente.
C)
Quelli che hanno la consapevolezza di tutto ciò.
Questa categoria,a cui
tutti noi apparteniamo, ha il dovere della
responsabilità e dell’impegno. Responsabilità: vivere
in salute richiede consapevolezza e di conseguenza scelte e
cambiamenti.
Ogni decisione umana deve
tenere in considerazione le conseguenze sull'ambiente e sull'uomo
che ci vive, ma, come dice Pannikar, l'ecologia ha il limite di
porsi come approccio tecnico ai problemi ambientali senza cercare i
presupposti culturali e filosofici che stanno all'origine della
questione ambientale. Un conto è proporre soluzioni tecniche al
problema dell’inquinamento (ad esempio creare filtri per le
macchine), altro è avviare una riflessione sui motivi che ci portano
a spostarci così tanto con le macchine.
Cosa fare? Proprio
dalla consapevolezza che l'uomo è un tutt'uno con gli elementi
presenti sulla Terra, viventi e non, e dalla presa di coscienza che
l’uomo è natura resasi consapevole (come
dice Arne Naess), nasce il dovere morale di preservare
integrità,stabilità e bellezza del pianeta. Dobbiamo renderci conto
della forza di ogni singolo gesto e della ricaduta economica e
sociale che le nostre scelte hanno. Partiamo dal piccolo, ad esempio
dalla spesa: chi
decide cosa mettiamo nel piatto? Comperare carne di animali tenuti in
spazi minuscoli, gonfiati di estrogeni, alimentati in maniera non
naturale ha effetti devastanti sulla nostra salute e sull'economia;
comperare frutta e verdura trattate con veleni e cresciute in terreni
resi sterili, bere latte di mucche che non possono muoversi, che sono
alimentate con mangimi ed ormoni e che sono terrorizzate e quindi
producono in continuazione ormoni dello stress ci fa ammalare.
Allora sosteniamo
quelle piccole realtà che si oppongono al sistema e producono e
allevano in maniera etica. Impariamo un consumo
critico, chiediamoci cosa mettiamo nel
piatto, chiediamoci chi sosteniamo comperando un prodotto piuttosto
che un altro.
Per far crescere
l'economia usiamo ogni anno un terzo in più delle risorse che il
pianeta può rinnovare annualmente. Ma come è possibile non capire
che una crescita illimitata non è possibile
in un pianeta dove le risorse sono limitate?
Il nostro sistema economico induce continuamente falsi bisogni allo
scopo di auto-mantenersi e di continuare a produrre merci inutili e
fatte per durare poco ed essere sostituite. Noi andiamo al
supermercato per vedere di cosa abbiamo bisogno, ma chi ha veramente
bisogno sa bene cosa gli manca! Proviamo ad osservare le merci e
pensare: "Quante cose di cui non ho necessità". Ci sentiremo più
liberi.
Nel momento in cui tanti
singoli consumatori acritici (perché per il mercato questo siamo e
dobbiamo restare e i media cercano di tenerci in questa situazione)
si trasformeranno in persone consapevoli che pensano alle conseguenze
di ogni loro acquisto , noi costringeremo la politica ad anteporre il
bene comune all'economia di mercato. Le scelte eticamente giuste
hanno ripercussioni positive anche sull'economia a lungo termine
(se mangio bene, respiro aria pulita, bevo acqua pura,mi ammalerò
meno e la spesa sanitaria diminuirà).
Ma visto che viviamo in un
sistema capitalistico, anche non volendo mettere in discussione il
sistema, consideriamo l’ambiente e l’agricoltura come il nostro
capitale e rendiamoci conto che non è possibile usare più di quello
che la natura produce perché, se il capitale
diminuisce, il sistema fallisce.
Allora cerchiamo di
focalizzare l’attenzione sulla relazione tra
noi esseri viventi che, lo ricordo, siamo
natura resasi consapevole e quindi abbiamo il dovere della
responsabilità, e il pianeta che ci ospita
e affrontiamo i diversi campi del sapere: medicina, economia,
ecologia, filosofia, come qualcosa di unico e inseparabile. La crisi
del nostro sistema abbraccia tutti i campi. Ma da una crisi così
profonda del sistema può nascere qualcosa di nuovo e allora
cerchiamolo con i nostri comportamenti quotidiani.
Con il cuore e con lo spirito di Cristina Mondello da Viator 11 novembre 2001
Parliamo di responsabilità. Pensiamo che sia necessario in un momento in cui pochi sentono come importante cercare di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e i singoli, così come le imprese o le nazioni, spesso non sono chiamati a rispondere del male che compiono.
D'altra parte oggi, nel relativismo etico che caratterizza la cultura occidentale, non è facile capire che cosa è "bene" e che cosa è "male".
Il predominio della tecnologia, come sostiene Umberto Galimberti, ha ucciso l'etica e l'umanesimo.
Gli uomini di scienza agiscono spinti soltanto dai risultati dei loro esperimenti, non si preoccupano delle conseguenze che questi possono avere sull'umanità. L'uomo comune, ridotto ormai a "consumatore", non vuole essere soggetto a vincoli, il suo unico fine deve essere quello di acquistare, consumare, gettare, perché, come dice Saul Bellow, questo è "l'obiettivo esistenziale fissato per lui dalla società". Così come getta fazzolettini di carta, automobili usate, getta anche le relazioni che non sono più completamente soddisfacenti: mogli, mariti, genitori, figli…. Quando non ci servono più, perché continuare ad occuparci di loro?
Noi del Centro Nuovo Umanesimo, però, non siamo pessimisti come il filosofo milanese.
Pensiamo che l'etica e l'umanesimo, sotto i colpi della tecnica, siano agonizzanti, ma non morti, e che il nostro sforzo comune possa farli tornare in vita.
In molti sentiamo il disagio del vuoto etico e spirituale nel quale viviamo, per questo abbiamo fondato un'associazione culturale, il Centro Nuovo Umanesimo (www.cnu.it), che vuole diventare un luogo di incontro e di confronto, dove, con l'aiuto di esperti (filosofi, pedagogisti, psicologi, uomini di fede…), ma anche da soli, in piccoli gruppi, si possa riflettere e discutere sui fondamenti filosofici ed etici che sono alla base della nostra vita .
Non partiamo da posizioni preconcette, né dal punto di vista politico né religioso. Pensiamo che i mali più grandi per l'uomo contemporaneo in Occidente siano venuti dall'aver cancellato, nella seconda metà del secolo scorso, tutti i riferimenti alla dimensione spirituale della vita, per esaltare solo il benessere materiale.
Guardiamoci intorno. I segni che potrebbero rimandarci al senso del sacro, al mistero che è nella nostra stessa esistenza, sono stati completamente cancellati da un proliferare di rimandi al consumo, al corpo, visto solo come oggetto sessuale, al denaro e ai simboli del lusso che con il denaro si possono comprare.
Ma il santificare le feste nei centri commerciali, il porsi come obiettivo il solo miglioramento delle condizioni economiche per poter consumare sempre di più, non può soddisfare la nostra vera natura di uomini. E infatti il disagio esistenziale si diffonde in ogni strato sociale.
Lo vediamo dall'aumento dei suicidi anche tra i giovani, dal consumo di ansiolitici, dal dilagare di disturbi quali anoressia e bulimia, dal diffondersi di droghe di tutti i generi e di comportamenti violenti.
Quale mondo stiamo offrendo alle giovani generazioni?
Dobbiamo scuoterci . Ognuno di noi è responsabile, quale che sia la nostra posizione di partenza, agnostici, atei, cattolici, buddisti, islamici, credenti "aconfessionali" ( come io ritengo di essere), quale che sia la nostra professione e il nostro ruolo nella società, cerchiamo insieme delle vie per uscire dal vicolo cieco in cui siamo entrati a partire dal secondo dopo guerra.
Oggi, con la situazione di incertezza nella quale la "nuova guerra" ci ha catapultati, è ancora più urgente munirci di risorse spirituali che ci consentano di affrontare la precarietà e il dolore. Il senso di onnipotenza che pervadeva l'uomo occidentale ci aveva disabituati a tollerare il vuoto e la sofferenza.
Noi del Centro, già da tre anni, ci incontriamo ogni mese per confrontarci, dopo esserci preparati con delle letture, su questi e altri temi, ad esempio sulla differenza tra religione e religiosità, sulle vie per giungere alla saggezza, ecc.
Ora abbiamo deciso di presentare pubblicamente le nostre iniziative, e per farlo abbiamo scelto appunto il tema della responsabilità che è alla base di ogni etica.
Sabato 1° dicembre alle h 15, alla libreria Tikkun, in via Montevideo 9 a Milano presenteremo le attività e le proposte del Centro Nuovo Umanesimo, poi ascolteremo insieme le parole di Silvia Vegetti Finzi alla quale abbiamo chiesto come si può fare per "educarsi ed educare alla responsabilità".
Benessere e malessere in famiglia. Il ruolo della donna nel gioco delle relazioni familiari di Cristina Mondello