Articoli e testi

Corpo, mente, natura e salute di Cristina Rodocanachi
Discorso tenuto in occasione dell'inaugurazione dell'anno 2012-13 del CNU

SALUTE (OMS):"La salute non è tanto assenza di malattia, quanto piuttosto, uno stato di benessere globale che investe la sfera fisica, mentale, sentimentale e sociale". La salute è considerata un diritto che si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano alle persone. Questo principio assegna agli Stati compiti che vanno ben oltre la gestione del Sistema Sanitario. Gli Stati devono farsi carico di individuare e cercare di modificare quei fattori che influiscono negativamente sulla salute collettiva e di promuovere i fattori favorevoli.
La salute quindi è una condizione esistenziale causata da una molteplicità di fattori a cui aggiungerei ,importantissimo,il fattore spirituale con cui intendo tutto ciò che sia di nutrimento interiore. Da questa definizione di salute data dall’OMS derivano due concetti fondamentali su cui portare l’attenzione: la salute come diritto del cittadino e come dovere dello Stato e la salute come responsabilità. E’ proprio questo il tema a cui tornerò continuamente perché lo considero fondamentale.
Vediamo ora brevemente quali sono i principali fattori che concorrono a mantenere, o alterare, il nostro stato di salute.
  1. Fattori genetici: il DNA che ereditiamo.
  2. Alimentazione: siamo quello che mangiamo, migliore è la qualità degli alimenti che introduciamo migliore sarà l’organismo.
  3. Aria, acqua: il corpo è composto per la maggior parte da acqua ed è attraverso l’acqua contaminata che un tempo ci si contagiava. Pasteur (padre della microbiologia, 1822), affermava che "noi beviamo il 90% delle malattie". Oggi con gli acquedotti e la potabilizzazione delle acque questo non è più vero. In compenso attraverso l’acqua introduciamo nell’organismo gli inquinanti ambientali che contaminano la nostra terra.
  4. Sole, movimento: pensate all’importanza del movimento per la formazione di tessuto osseo e per lo smaltimento delle tossine.
  5. Riposo
  6. Igiene: malattie da mancanza di igiene e da igiene eccessiva.
  7. Relazioni: famiglia, amici, colleghi di lavoro, vicini di casa.
  8. Ambiente in cui si vive: sia dal punto di vista ambienti insalubri, sia ambienti degradati esteticamente.
  9. Fattori psicologici: "mens sana in corpore sano"; malattie psicosomatiche
  10. Spiritualità
Alcune malattie nascono anche da un alterato rapporto dell'individuo con l’ambiente che lo circonda e dalla difficoltà che l’uomo ha ad adattarsi a delle condizioni innaturali e stressanti. Dovremmo tenere a mente il "mens sana in corpore sano" degli antichi ed essere consapevoli delle ripercussioni che le emozioni, i sentimenti e i comportamenti hanno sull’organismo. Negli ultimi decenni la Medicina Psicosomatica è diventata un capitolo importantissimo della medicina.
Ma come è cambiato il nostro rapporto con l’ambiente negli ultimi secoli?
Dalla rivoluzione industriale l'uomo ha prodotto una profonda trasformazione della società, dell’ambiente e dello stile di vita che ha portato ad avanzamenti in termini di benessere materiale, sicurezza e in parte di salute, vedi la scoperta delle vaccinazioni (Jenner 1796 - Sabin 1947 che non volle MAI trarre benefici economici dalla scoperta del vaccino antipolio perché brevettare il vaccino avrebbe comportato un ritardo nella distribuzione), la scoperta degli antibiotici ( Fleming 1928), i progressi della chirurgia e della diagnostica per immagini, ma ha portato a peggioramenti nell’ambiente con un deterioramento mai visto prima, con una perdita di biodiversità, con perdita della capacità di provare empatia con la natura; questa trasformazione ha portato all’insorgenza delle cosiddette “patologie del benessere”: tumori, allergie, patologie psichiatriche, malattie metaboliche, diabete, obesità, anoressia). Alcune di queste malattie nascono proprio da una grave alterazione del rapporto dell’uomo con l’ambiente che lo circonda. Non in tutti gli individui lo sforzo che l’organismo e la psiche umana devono compiere per adattarsi ad un ambiente stressante ed innaturale restano senza conseguenze. La cultura industriale e l’applicazione dei suoi modelli finanziari e tecnologici ad aree sempre più vaste del pianeta ci sta portando alla distruzione dell'habitat, al crollo della biodiversità e alla distruzione di tutte quelle culture che si fondano su un rapporto di rispetto con la terra. Questo modello di sviluppo considera la Terra come materiale grezzo da usare per soddisfare il consumo e appagare non solo i bisogni vitali, ma anche quelli indotti la cui soddisfazione richiede sempre maggior consumo.
Dividerei grossolanamente gli uomini in tre categorie:
A) Quelli responsabili delle scelte che portano al degrado ambientale e che operano per fini economici e presumendo, nel caso si pongano domande, che la scienza trovi prima o poi rimedi a tutto ritenendosi un'eccezione alle leggi della natura e della vita.
B) Quelli che non hanno i mezzi intellettuali e sociali per chiedersi e capire cosa sta succedendo, e questa è la categoria che va protetta, facendola crescere intellettualmente ed economicamente.
C) Quelli che hanno la consapevolezza di tutto ciò.
Questa categoria,a cui tutti noi apparteniamo, ha il dovere della responsabilità e dell’impegno. Responsabilità: vivere in salute richiede consapevolezza e di conseguenza scelte e cambiamenti.
Ogni decisione umana deve tenere in considerazione le conseguenze sull'ambiente e sull'uomo che ci vive, ma, come dice Pannikar, l'ecologia ha il limite di porsi come approccio tecnico ai problemi ambientali senza cercare i presupposti culturali e filosofici che stanno all'origine della questione ambientale. Un conto è proporre soluzioni tecniche al problema dell’inquinamento (ad esempio creare filtri per le macchine), altro è avviare una riflessione sui motivi che ci portano a spostarci così tanto con le macchine.
Cosa fare? Proprio dalla consapevolezza che l'uomo è un tutt'uno con gli elementi presenti sulla Terra, viventi e non, e dalla presa di coscienza che l’uomo è natura resasi consapevole (come dice Arne Naess), nasce il dovere morale di preservare integrità,stabilità e bellezza del pianeta. Dobbiamo renderci conto della forza di ogni singolo gesto e della ricaduta economica e sociale che le nostre scelte hanno. Partiamo dal piccolo, ad esempio dalla spesa: chi decide cosa mettiamo nel piatto? Comperare carne di animali tenuti in spazi minuscoli, gonfiati di estrogeni, alimentati in maniera non naturale ha effetti devastanti sulla nostra salute e sull'economia; comperare frutta e verdura trattate con veleni e cresciute in terreni resi sterili, bere latte di mucche che non possono muoversi, che sono alimentate con mangimi ed ormoni e che sono terrorizzate e quindi producono in continuazione ormoni dello stress ci fa ammalare. Allora sosteniamo quelle piccole realtà che si oppongono al sistema e producono e allevano in maniera etica. Impariamo un consumo critico, chiediamoci cosa mettiamo nel piatto, chiediamoci chi sosteniamo comperando un prodotto piuttosto che un altro.
Per far crescere l'economia usiamo ogni anno un terzo in più delle risorse che il pianeta può rinnovare annualmente. Ma come è possibile non capire che una crescita illimitata non è possibile in un pianeta dove le risorse sono limitate? Il nostro sistema economico induce continuamente falsi bisogni allo scopo di auto-mantenersi e di continuare a produrre merci inutili e fatte per durare poco ed essere sostituite. Noi andiamo al supermercato per vedere di cosa abbiamo bisogno, ma chi ha veramente bisogno sa bene cosa gli manca! Proviamo ad osservare le merci e pensare: "Quante cose di cui non ho necessità". Ci sentiremo più liberi.
Nel momento in cui tanti singoli consumatori acritici (perché per il mercato questo siamo e dobbiamo restare e i media cercano di tenerci in questa situazione) si trasformeranno in persone consapevoli che pensano alle conseguenze di ogni loro acquisto , noi costringeremo la politica ad anteporre il bene comune all'economia di mercato. Le scelte eticamente giuste hanno ripercussioni positive anche sull'economia a lungo termine (se mangio bene, respiro aria pulita, bevo acqua pura,mi ammalerò meno e la spesa sanitaria diminuirà).
Ma visto che viviamo in un sistema capitalistico, anche non volendo mettere in discussione il sistema, consideriamo l’ambiente e l’agricoltura come il nostro capitale e rendiamoci conto che non è possibile usare più di quello che la natura produce perché, se il capitale diminuisce, il sistema fallisce.
Allora cerchiamo di focalizzare l’attenzione sulla relazione tra noi esseri viventi che, lo ricordo, siamo natura resasi consapevole e quindi abbiamo il dovere della responsabilità, e il pianeta che ci ospita e affrontiamo i diversi campi del sapere: medicina, economia, ecologia, filosofia, come qualcosa di unico e inseparabile. La crisi del nostro sistema abbraccia tutti i campi. Ma da una crisi così profonda del sistema può nascere qualcosa di nuovo e allora cerchiamolo con i nostri comportamenti quotidiani.


Con il cuore e con lo spirito di Cristina Mondello da Viator 11 novembre 2001

Parliamo di responsabilità. Pensiamo che sia necessario in un momento in cui pochi sentono come importante cercare di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e i singoli, così come le imprese o le nazioni, spesso non sono chiamati a rispondere del male che compiono.
D'altra parte oggi, nel relativismo etico che caratterizza la cultura occidentale, non è facile capire che cosa è "bene" e che cosa è "male".
Il predominio della tecnologia, come sostiene Umberto Galimberti, ha ucciso l'etica e l'umanesimo.
Gli uomini di scienza agiscono spinti soltanto dai risultati dei loro esperimenti, non si preoccupano delle conseguenze che questi possono avere sull'umanità. L'uomo comune, ridotto ormai a "consumatore", non vuole essere soggetto a vincoli, il suo unico fine deve essere quello di acquistare, consumare, gettare, perché, come dice Saul Bellow, questo è "l'obiettivo esistenziale fissato per lui dalla società". Così come getta fazzolettini di carta, automobili usate, getta anche le relazioni che non sono più completamente soddisfacenti: mogli, mariti, genitori, figli…. Quando non ci servono più, perché continuare ad occuparci di loro?
Noi del Centro Nuovo Umanesimo, però, non siamo pessimisti come il filosofo milanese.
Pensiamo che l'etica e l'umanesimo, sotto i colpi della tecnica, siano agonizzanti, ma non morti, e che il nostro sforzo comune possa farli tornare in vita.
In molti sentiamo il disagio del vuoto etico e spirituale nel quale viviamo, per questo abbiamo fondato un'associazione culturale, il Centro Nuovo Umanesimo (www.cnu.it), che vuole diventare un luogo di incontro e di confronto, dove, con l'aiuto di esperti (filosofi, pedagogisti, psicologi, uomini di fede…), ma anche da soli, in piccoli gruppi, si possa riflettere e discutere sui fondamenti filosofici ed etici che sono alla base della nostra vita .
Non partiamo da posizioni preconcette, né dal punto di vista politico né religioso. Pensiamo che i mali più grandi per l'uomo contemporaneo in Occidente siano venuti dall'aver cancellato, nella seconda metà del secolo scorso, tutti i riferimenti alla dimensione spirituale della vita, per esaltare solo il benessere materiale.
Guardiamoci intorno. I segni che potrebbero rimandarci al senso del sacro, al mistero che è nella nostra stessa esistenza, sono stati completamente cancellati da un proliferare di rimandi al consumo, al corpo, visto solo come oggetto sessuale, al denaro e ai simboli del lusso che con il denaro si possono comprare.
Ma il santificare le feste nei centri commerciali, il porsi come obiettivo il solo miglioramento delle condizioni economiche per poter consumare sempre di più, non può soddisfare la nostra vera natura di uomini. E infatti il disagio esistenziale si diffonde in ogni strato sociale.
Lo vediamo dall'aumento dei suicidi anche tra i giovani, dal consumo di ansiolitici, dal dilagare di disturbi quali anoressia e bulimia, dal diffondersi di droghe di tutti i generi e di comportamenti violenti.
Quale mondo stiamo offrendo alle giovani generazioni?
Dobbiamo scuoterci . Ognuno di noi è responsabile, quale che sia la nostra posizione di partenza, agnostici, atei, cattolici, buddisti, islamici, credenti "aconfessionali" ( come io ritengo di essere), quale che sia la nostra professione e il nostro ruolo nella società, cerchiamo insieme delle vie per uscire dal vicolo cieco in cui siamo entrati a partire dal secondo dopo guerra.
Oggi, con la situazione di incertezza nella quale la "nuova guerra" ci ha catapultati, è ancora più urgente munirci di risorse spirituali che ci consentano di affrontare la precarietà e il dolore. Il senso di onnipotenza che pervadeva l'uomo occidentale ci aveva disabituati a tollerare il vuoto e la sofferenza.
Noi del Centro, già da tre anni, ci incontriamo ogni mese per confrontarci, dopo esserci preparati con delle letture, su questi e altri temi, ad esempio sulla differenza tra religione e religiosità, sulle vie per giungere alla saggezza, ecc.
Ora abbiamo deciso di presentare pubblicamente le nostre iniziative, e per farlo abbiamo scelto appunto il tema della responsabilità che è alla base di ogni etica.

Sabato 1° dicembre alle h 15, alla libreria Tikkun, in via Montevideo 9 a Milano presenteremo le attività e le proposte del Centro Nuovo Umanesimo, poi ascolteremo insieme le parole di Silvia Vegetti Finzi alla quale abbiamo chiesto come si può fare per "educarsi ed educare alla responsabilità".



Benessere e malessere in famiglia. Il ruolo della donna nel gioco delle relazioni familiari di Cristina Mondello